La dissolvenza dell’impegno
Sono lontani i tempi di quando la “Kultur” evocata da Massimo Cacciari provocava turbamenti nelle vicepresidi, i tempi della rateizzazione einaudiana che spalmava i Gramsci nelle case di periferia, e delle dispute su Nietzsche e Céline: leggerli o non leggerli? E Pound, che fare? Ora ci sono i sermoneggianti d’ogni santo giorno, e l’impegno, quello vero, vive all’estero, forse. S’è messo in salvo dai tormenti degli italiani, banalizzandosi. Ogni volta che questi scrittori promuovono e firmano un appello – che poi in Italia dopo quello contro il commissario Calabresi dovrebbero essere aboliti per humanitas – non si sente l’autentico che poteva avere un Luis Sepúlveda, ma solo una recita a soggetto, e se un tempo l’operaio voleva il figlio laureato, ora il giornale vuole almeno uno scrittore impegnato, per coprire il fastidiosissimo spazio della coscienza, riducendolo a griffe e marketing. E giù invenzioni, che sembrano forzate finzioni. Ahò, me tocca.
Non c’è giallista che non senta il dovere di sproloquiare sulle questioni sociali, peccato che non sia Manuel Vázquez Montalbán e nemmeno Leonardo Sciascia.
Sottoscriveteci, è l’imperativo …
Un inedito Piero Chiara fra Cristo e Casanova di Mauro Novelli
Piero Chiara che filosofeggia sulla propria narrativa? Curioso. Le considerazioni raccolte da Giorgia Antognini e Alessandra Gruber, qui sotto, non possono che sorprendere i tanti convinti che il luinese fosse – come sostenne una volta Mario Pomilio – uno scrittore «senza metafisica», incapace di trattare le proprie trame «con l’occhio attento agli spessori emblematici». Niente di male, s’intende: lo stesso Pomilio si incaricava subito di richiamare il caso a suo dire analogo di Maupassant. Ma è poi davvero così? La pagina qui riscoperta rafforza i dubbi, in chi conosce l’ironia sorniona con cui Chiara esercitava l’arte della dissimulazione.
Prima di entrare nel merito è forse opportuno ricordare come “Il Balordo” abbia avuto in sorte il medesimo destino del suo protagonista: se questo romanzo del 1967 non va annoverato fra i più riusciti dell’autore, si può senz’altro considerare il più frainteso.
Dostoevskij: il giocatore che puntava su Dio di Armando Torno
Ci sono scrittori che per una singolare disposizione del fato diventano immortali grazie a una frase. Non importa se l’abbiano scritta o soltanto proferita. Altri sono tali per le loro opere. Per Fëdor Michajlovič Dostoevskij, di cui quest’anno cade il duecentesimo anniversario della nascita e il centoquarantesimo della morte (1821-1881), c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Sarà ricordato per I fratelli Karamazov o per il Diario di uno scrittore o per I demoni o per quello che i posteri decideranno.
Ma Fëdor Michajlovič potrebbe essere accolto tra gli eterni soltanto per una frase da lui lasciata in uno dei suoi libri o semplicemente affidata a una lettera.
Quando l’Europa ha chiuso gli occhi: intervista a Sergio Rapetti di Jacopo Guerriero
Comincia dalla Russia sofferente del 1938. «Quando mia nonna Lidija Kozlova e sua figlia, mia madre Irina, allora diciottenne, sono state espulse dall’Urss. All’epoca il capofamiglia Luigi, italiano russificato (era in Russia con la famiglia d’origine dall’età di due anni, dal 1895), insegnante di fisica e matematica in una città di provincia della regione di Stavropol’, era presumibilmente già morto, assassinato nei sotterranei dell’nkvd a Batumi sul Mar Nero».
Ottant’anni, la faccia scavata, Sergio Rapetti parla lento, con saggezza. Per chi si occupa di russistica resta un punto di riferimento. È nato e cresciuto nel grembo della cultura russa del Novecento. La vita l’ha passata a scrivere e tradurre. All’inizio versioni di romanzi e saggi della stagione del samizdat, l’autoeditoria libera dalla cappa della censura, tra gli anni Cinquanta e Ottanta, che ha visto in Unione Sovietica la nascita o riscoperta di testi d’ogni genere, anche capolavori letterari.
Poi ha proseguito: nelle sue traduzioni si possono leggere, tra gli altri, Aleksandr Solženicyn, Varlam Šalamov, Andrej Sinjavskij, Evgenija Ginzburg, Vasilij Aksjonov…
Alla prossima!
Continuate cosi’
Interessante,intelligente,vario