Gli imperdibili di Tortuga #14
La Giornata della Vittoria in Russia; da Wojtyla a Bergoglio, poi uno scisma?; il Gattopardo che non c'è sugli anni di piombo; Fatma su Netflix, la serie della settimana
«Vita e destino: la Russia e la vittoria sul nazismo» di Giovanni Savino
Tra le ricorrenze della Russia contemporanea, il 9 maggio, anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, è di certo la più significativa. Nonostante la Giornata della Vittoria (Den’ Pobedy) sia direttamente legata all’affermazione dell’Unione Sovietica come superpotenza globale, fino al 1991 vi sono state solo quattro parate ufficiali (24 giugno 1945, 9 maggio 1965, 9 maggio 1985, 9 maggio 1990), e solo dal 1965 la data è diventata giorno festivo. Può sembrare un paradosso, ma è nella Federazione Russa, nata sulle rovine dell’Urss, che il 9 maggio assume un significato diverso, ed è con Putin che diventa una possibilità di utilizzo del passato per legittimare il presente.
Prima di questo, è necessario provare a capire il perché del legame sentimentale con la memoria di una guerra terribile, volta alla distruzione totale dell’allora Unione Sovietica, e provare a farlo attraverso un film potrebbe aiutare a orientarsi meglio.
«Da Wojtyla a Bergoglio: intervista a Luigi Accattoli» di Jacopo Guerriero
«Francesco ha cambiato le vesti, l’abitazione, la gestualità, il linguaggio, il rapporto con i media. Tutto. E forse non avrebbe potuto farlo se prima non ci fosse stato l’uragano Wojtyla. Giovanni Paolo II avvia un riscatto della soggettività papale che con Francesco diviene totale». Ha scritto libri e girato il mondo, conosciuto santi, Luigi Accattoli, vaticanista. Classe ’43, giornalista del Corriere della Sera dal 1981. All’attivo, tra l’altro, una biografia del papa polacco tradotta in nove lingue. Se, a quarant’anni dall’attentato a Giovanni Paolo II, gli si chiede una sintesi tra passato e presente, con lo sguardo al tempo che verrà, il polso della Chiesa in un tempo di crisi, non offre uno sguardo distaccato ma quello di chi sente lo Spirito come invito all’azione, di chi prova il desiderio inesausto di comunione con il prossimo e con Dio.
Ha già spiegato all’inizio ma proseguiamo. C’è nell’immaginario uno schematismo invalso: Wojtyla conservatore e Bergoglio rivoluzionario. È davvero così?
«Sull’immagine papale, sul mea culpa, sulla sinagoga e la moschea, sul rapporto con il Sud del mondo, sulla frontiera della pace Giovanni Paolo II ha fatto di sicuro passi in avanti, o comunque portatori di novità. Non sono sicuro che fosse un conservatore…
«L’impegno e la memoria selettiva» di Marco Ciriello
In settimana, parlando con Antonello Piroso, su La Verità, lo scrittore Walter Siti si è lamentato del troppo impegno di Roberto Saviano – sottovalutando l’importanza ormai acclarata di Gomorra –, di Gianrico Carofiglio e Michela Murgia, assolvendo solo quest’ultima, e non capendo che il primo è uno scrittore con molti limiti, il secondo uno che all’inizio provava a portarci dentro i processi, la terza è la versione cartacea di Massimo Giletti.
Poi nel giro di pochi giorni l’Italia si è ritrovata in un dibattito che ciclicamente la investe: gli anni Settanta e la stagione del terrorismo, da alternarsi con i misteri di Mussolini e la revisione della Resistenza, intermezzo di stragi di Stato o coperture di stragi, mafie varie quando non associate ai grandi temi precedenti, aggiungere in due piatti differenti nostalgia e cinismo, e la rivoluzione – non riuscita – diventa un pranzo di gala, ciao Mao guarda come mi diverto a commentare sui social, a rifare processi e infliggere condanne.
Potremmo dire che dopo gli scontri, i morti, gli agguati, i rapimenti, le retate, le indagini, gli arresti, le sentenze, sono mancate diverse verità e con loro un Gattopardo sugli Anni di Piombo.
«Fatma, mamma la turca!» di Amleto De Silva
A Berlino le più eleganti sono proprio le turche. Non tutte, solo le ragazze di seconda e terza generazione con la testa velata. Sono talmente eleganti da lasciare senza fiato, ma naturalmente non indossano le ultime creazioni di Jil Sander. Hanno un loro modo di vestire cui rimangono fedeli fino alla fine: calzature con la zeppa, pantaloni di nylon nero dall’aria scadente ma di taglio moderno, soprabiti di finta pelle, eleganti fazzoletti da testa nei colori di moda, lunghe giacche intonate al velo…(…) Tornai a casa verso sera, pervasa da una piacevole stanchezza e con un aspetto fantastico. Una delle cose che mi piacciono di più di Istanbul è proprio l’aspetto curato dei suoi abitanti: qui è assolutamente normale andare dal parrucchiere o dall’estetista.
In Germania, invece, le donne si tagliano e si tingono i capelli da sole; anche mia madre e le mie amiche fanno così. Manicure, pedicure e cura della pelle sono concetti estranei alla maggior parte dei tedeschi, di conseguenza le strade sono piene di gente che non si può guardare in faccia. (Esmahan Aykol, Hotel Bosforo, traduzione di Emanuela Cervini, Sellerio)
Alla prossima!