Gli imperdibili di Tortuga #6
"The Serpent"; Luciano Garibaldi e gli anni 70 che non passano; Dalla: uno, nessuno centomila; "Spettri dal passato?" di Andrea Biscaro;
«The Serpent, il lacchè di Lucifero» di Amleto De Silva
Ovviamente anche Marie-Andrée ci pensò su quando i due uomini si presentarono con una vivace e giovanissima ragazza americana single, ma subito dopo decise che non rappresentava una seria rivale per l’affetto di Charles. A lui non piacevano affatto gli hippy, gliel’aveva detto molte volte, e questa nuova arrivata della California con i jeans e il maglione logori non sembrava affatto il tipo di Charles. Secondo lei, le carte che Jennie poteva giocarsi erano la sua giovinezza – non poteva avere più di vent’anni – e un selvaggio abbandono. «Non lo so», rispose Marie-Andrée. «Chi può sapere dove andranno e cosa faranno degli hippy?» (…)
(Thomas Thompson, Serpentine: The True Story of Charles Sobhraj’s Reign of Terror from Europe to South Asia, Open Road Media)
The Serpent, la serie di questa settimana, è davvero inquietante.
«Luciano Garibaldi: l’uomo che morde il cane» di Jacopo Guerriero
«Quel giorno, era il 19 luglio 1943, trecento bombardieri americani scaricarono su Roma quattromila bombe. Ci furono millecinquecento morti e oltre quattromila feriti. Dopo ore ed ore di rifugio – ero con mia madre e mio fratello, avevo 7 anni – uscimmo all’aperto e vidi una scena che non dimenticherò: il papa, Pio XII, con le mani rivolte al cielo. E tutt’attorno, case distrutte, veicoli incendiati, centinaia di persone in lacrime. I morti no, non c’erano già più. Li avevano portati via».
Luciano Garibaldi è uno che sorride raramente – e forse lo capisci, questo è il suo primo ricordo. Di mestiere ha fatto l’inviato speciale, poi il redattore capo per diversi quotidiani e periodici.
Nato a Roma, è cresciuto a Genova. Per tutta la vita è stato l’uomo che morde il cane, quello in controtendenza: monarchico ancora negli anni di piombo, nei ’70, nel ’68 era in Cecoslovacchia a seguire le vicende della Primavera di Praga. Prima, nel ’64, era riuscito a intervistare, in Germania, i superstiti dell’attentato a Hitler. Del 1990 il libro intervista con la vedova del commissario Calabresi, Gemma Capra. Nel 1994 il suo maggiore (e contestatissimo) scoop: quello della “pista inglese” sulla morte di Mussolini cui credette anche Renzo De Felice.
C’è spesso un’ombra di durezza nelle sue parole. È l’infanzia difficile ad avere formato il suo carattere?
«Nel 1943 io e la mia famiglia sfollammo a Caldasio di Ponzone…
«Uno, nessuno e centomila Lucio Dalla» di Bianca Fenizia
Berretto, panama e parrucchino. Se Guglielmo Speranza, protagonista de Gli esami non finiscono mai di Eduardo De Filippo, presenta nel prologo tre posticci di barbe per segnalare allo spettatore lo scorrere del tempo negli atti successivi, Lucio Dalla ha indicato l’epoca e interpretato l’evoluzione della società italiana attraverso il copricapo del momento: dalla coppola di Gesù bambino nel porto al cappello di lana della copertina omonima, dal panama bianco del video di Caruso fino al toupet castano chiaro dell’ultimo Sanremo della sua carriera. Una galleria di icone e modelli da non poter eguagliare la trasformazione e il gioco da performer di David Bowie, ma che ha marcato i passaggi del lungo percorso musicale del cantautore bolognese. E se nel pubblico c’è chi ha preferito la collaborazione con il poeta Roberto Roversi alle coreografie di Attenti al lupo, le liriche appassionate alla Wystan Hugh Auden di Tu non mi basti mai agli atterraggi alieni da Flaiano in Merdman – perché «sembrano esistere molti Dalla diversi» – in realtà non è così semplice ricomporre un unico ritratto, profilo e voce dell’artista che per più di quarant’anni ha continuato, con coscienza ed ironia, a definirsi «un canzonettaro».
Lucio Dalla per tutta la sua vita «non cambierà mai d’abito – sembra suggerire di nuovo De Filippo – non può e non deve: l’eroe di questa commedia non è un tipo, bensì il prototipo di noi tutti», una complessità che preferirà sempre arrogarsi il diritto ad essere un uomo confuso che un uomo concluso, che sceglierà ogni volta l’interazione con il pubblico alla clausura con la stampa, il parlare di tutto invece che al parlare di niente. Per Lucio Dalla, come per Guglielmo Speranza, basta un unico vestito, uno qualunque, o meglio: quello di chi vuole essere una persona qualunque. È da questa ricerca, da questa possibilità di ricomporre un solo Dalla che parte l’indagine di Jacopo Tomatis: una raccolta di interviste al cantautore, E ricomincia il canto (il Saggiatore, pp. 376, euro 22), che passa al setaccio dichiarazioni e interventi radiofonici con l’obiettivo di individuare un massimo comune divisore, un nucleo identitario dell’artista dallo sconvolgimento sanremese di Pafff… bum! …
«Fantasmi: il passato è sepolto nel presente» di Silvia Stucchi
Ma è proprio vero, che il tempo fugge via irreparabilmente? Che tutto inghiotte nel suo abisso, per usare una immagine cara a Seneca?
Andrea Biscàro, con Spettri dal passato? Da Maratona al Petit Trianon e oltre (Graphe.it., pp.81, euro 8), ci offre una interessante, ma anche inquietante, ricognizione su una serie di testimonianze a proposito di fenomeni che sembrano indicare esattamente il contrario: ossia che avvenimenti e fenomeni, ma anche ricordi di fatti ormai svaniti, possano permanere in una dimensione extratemporale crepuscolare, e, a volte, manifestarsi.
Il tour nella dimensione extratemporale delineato dall’autore del volume inizia in un luogo iconico per l’identità culturale dell’Occidente, Maratona…
Alla prossima!